Il culto di S. Rosalia e la cappella Gurgiolo a Trabia

Prima di affrontare il tema specifico di quest’articolo, forse non sarà privo di interesse esaminare la collocazione geografica del nostro sito. Attraverso le descrizioni del tratto di litorale da Termini Imerese a Trabia, che troviamo in alcuni scritti di geografi, cartografi e viaggiatori dei secoli scorsi. In queste descrizioni po’ chiaramente essere individuata l’area che prenderà, in epoca recente, il nome di Santa Rosalia. Ad esempio nella “descrizione dell’isola di Sicilia” fatta da Camillo Camilliani, il celebre ingegnere spagnolo di origine toscana, possiamo leggere,

<<…passata questa città ( Termini Imerese) di mezzo miglio si arriva alla bocca del fiume di Termini, di qui segue la spiaggia di S. Leonardo, tutta scoverta per un miglio, in sino alla punta della Ginestrella con un lito arenoso e poco dopo si vede uno spargimento di rupi detto il salto di Margherita dove si vede la plaga, e quivi vicino sopra certe rupi si vede fabbricato un nuovo castello detto la Trabia>>.

Lo “spargimento di rupi”, di cui parla il camilliani, e che egli chiama

<< il salto di Margherita>>

sembrano riferirsi proprio al sito di Santa Rosalia, come si può osservare in un particolare della mappa di Trabia che fa parte dell’archivio cartografico del Marchese Vincenzo Mortillaro di Villarena.

Carta geografica dell’archivio Marchese Vincenzo Mortillaro di Villarena.

La mappa pur non essendo datata, è sicuramente collocabile dopo il 1830, e vi possono scorgere gli affioramenti rocciosi del nostro sito. Ad est della zona di cui ci stiamo occupando c’è una piccola baia riparata, che faceva da punto di approdo per alcune famiglie di pescatori locali, soprattutto di quelle che abitavano nel quartiere del Calvario, che, un tempo, potevano raggiungere il mare attraverso un sentiero, poi sbarrato dalla linea ferroviaria Palermo – Messina. Avevamo accennato al fatto che, in realtà, c’è un altro nome,sicuramente più antico, con il quale ancora oggi viene indicata l’area in questione, ed è quello di Molara, “A Mulara” per tutti i Trabiesi, nome conservato nella toponomastica comunale (via Molara) e che ritroviamo in una antica carta nautica dove compare come “Punta Molara”. Quest’ultima denominazione è per noi particolarmente interessante, perché ci permette di ipotizzare che in questo sito era presente,una cava per l’estrazione di pietre da destinare all’attività dei vicini mulini. Questa pietra silicoarenitica, di cui sono presenti diversi affioramenti lungo il litorale tra Trabia e Punta Mandra ( Altavilla Milicia), a quote variabili tra il livello del mare fino ad un massimo di circa 22-23 mt. s.l.m., era particolarmente adatta per ottenere le macine da mulino.

Dettaglio della pietra silicoarenitica.

Il termine “Molara”, nel dialetto siciliano, indica, infatti: “cava da cui si estrae la pietra per farne macine”, e da qui deriverà il termine commerciale di pietra mola. Queste macine erano destinate certamente all’attività di diversi mulini presenti nel territorio, di cui le fonti storiche ci attestano l’esistenza già a partire dal XII secolo. Gli affioramenti di queste rocce si possono osservare soprattutto nell’area sottostante la cappella votiva. I lavori per l’edificazione della cappella iniziano nella prima metà del novecento per iniziativa del Sig. Salvatore Gurgiolo (Turiddu) 1850-1940, come testimonia una piccola lapide marmorea ancora visibile nel sito. Don Turiddu era il discendente di una famiglia di frescanti ( pittori di affreschi) napoletani, che ebbe l’occasione di venire in Sicilia, dove si sarebbe fermata, dopo aver lavorato alle decorazioni all’interno del castello di Trabia. Durante gli anni ’20 e ’30 del ‘800, Salvatore Gurgiolo era un personaggio molto noto a Trabia. Appena tornato dall’America si era aperto un mulino ed un pastificio, attività che gli permise di crearsi una famiglia. Turiddu sposa Rosalia Rancadore, figlia di Ignazio, un noto possidente terriero di Trabia e coltivatore di prodotti locali, soprattutto nespole. Rosalia Rancadore viene descritta come una donna bella, affascinante e molto determinata, il matrimonio con Salvatore Gurgiolo verrà celebrato nel 1875. Da questa unione nasceranno sei figli, il maggiore Ignazio, diventò adulto, decise di emigrare in America, dove fece fortuna con la sua attività di vendita all’ingrosso di frutta, soprattutto quella sciroppata. Consolidata la sua posizione economica, Ignazio decise di inviare dei soldi al padre, che così non avrebbe dovuto occuparsi del mulino.

Cartolina con ritratto del Sig. Salvatore Gurgiolo (Turiddu) 1850-1940

La storia della cappella ebbe inzio subito dopo la fine della prima guerra mondiale, nel 1918, e dopo la morte del padre di Rosalia Rancadore, che ereditò insieme al fratello Gaetano, una vasta porzione di terreno che si estendeva dal Castello di Trabia fino al mare, terminando in una scogliera. Dopo aver raggiunto un accordo con il cognato Gaetano, Salvatore Gurgiolo, su questa parte di proprietà ereditata, decise di impegnare il suo tempo nella costruzione di una cappella dedicata a S. Rosalia, che era anche il nome della moglie. La costruzione e decorazione della cappella e di tutta l’intera area circostante fu realizzata su un progetto del Sig. Salvatore Gurgiolo, riuscì a trasformare parte dello scoglio in una suggestiva terrazza sul mare. Anche l’area dove successivamente verrà edificato il ristorante “Al Pescatore”, si presentava come una villetta che il Sig. Gurgiolo destinò alla fruizione dei concittadini. Qui era sistemata una fontana su cui era apposta una lapide, ancora oggi visibile, che ricordava la concessione,da parte della Principessa Lanza, di una “pinna d’acqua” per uso pubblico.

Lapide posta sulla fontana ancora oggi presente nel piano sottostante la cappella.

Edificata nel punto più alto dell’affioramento roccioso, la piccola cappella venne rivestita esternamente di ciottoli marini di vari colori, mentre il suo interno, che doveva avere l’apparenza di una grotta, deve, secondo il racconto tradizionale, era vissuta in eremitaggio la celebre Santa palermitana, venne rivestita con centinaia di stallatiti. A questo riguardo, segnalava in un suo articolo lo scomparso Giovanni Mannino, che, per raccogliere le stallatiti impiegate nella realizzazione dell’interno della cappella, non si fecero eccessivi scrupoli naturalistici e vennero spezzate gran parte di quelle presenti in alcune grotte sottostanti il Castello Lanza. Ma, notizia sicuramente meno nota, come riferisce sempre il Mannino, si arrivò prelevare stallatiti e stalagmiti anche nella lontana Grotta dei Brigghi, in località S.Michele. Il Mannino, nel suo scritto, non risparmia critiche molto aspre nei confronti del sacerdote che

<< alla fine degli anni ’40, avrebbe guidato orde di giovani>>

per l’asportazione delle stallatiti dalla grotta.

Interno della cappella ricoperto da stalattiti stalagmiti.

Oltre alla cappella vennero realizzati vari elementi decorativi nell’area circostante, dei pilastri che sorreggono delle giare di terracotta decorate o ancora pilastri al cui vertice sono posti dei cigni in cemento. Sia questi pilastri, che tutte le pareti che fiancheggiano la strada carrabile, furono interamente rivestiti di ciottoli colorati. Inoltre, lungo il tratto di muro che delimita la proprietà Gurgiolo furono creati dei riquadri con cornici di ciottoli, entro i quali vennero dipinti vari soggetti: paesaggi, figure, nature morte,ecc.

Cartolina dove si possono ammirare molti elementi decorativi che erano presenti a Santa Rosalia.

purtroppo, esposte all’azione erosiva degli agenti atmosferici, soprattutto la salsedine del mare,queste primitive pitture lentamente scomparvero, ma, per fortuna, grazie all’intervento volontario di giovani artisti, nuove pitture prendono il posto delle vecchie, facendo rinascere quelli spazi. Il luogo divenne ben presto un punto di aggregazione comunitaria,meta di passeggiate, feste, processioni e pellegrinaggi. A questo proposito, solo pochi ricordano che intorno agli anni ’30, sempre su iniziativa del Sig. Gurgiolo, venne costituita una confraternita religiosa dedicata a Santa Rosalia. Da una preziosa testimonianza orale apprendiamo che la nuova confraternita adotto inizialmente “un abitino color marrone” (ispirazione alle vesti di Santa Rosalia) e, successivamente, furono contraddistinti da una medaglietta tenuta da una coccarda di raso a forma di farfallino,sempre dello stesso colore.

Medaglia che contraddistingueva la confraternita di Santa Rosalia.

Questa confraternita no partecipava, insieme alle altre esistenti a Trabia, alle ricorrenze e alle processioni che si svolgevano in paese, me interveniva esclusivamente durante la festa annuale del 4 settembre dedicata alla Santa. In quella occasione la statua di Santa Rosalia, montata su una piccola “Vara” ( custodite entrambe in casa Gurgiolo), veniva portata in giro attorno alla cappella, per poi raggiungere la chiesa madre. Durante questa festa di settembre, veniva predisposta anche, sugli scogli retrostanti l’edicola sacra, la cosidetta “ ‘ntinna a mari”, che consisteva in una lunga trave di legno sospesa sull’acqua e cosparsa di sapone , che doveva essere percorsa dai partecipanti tenendosi in piedi fino alla estremità, dove dovevano afferrare la bandierina che vi era posta, senza cadere in acqua.

Foto dell’ultima ” ‘ntinna a mari ” svolta a Santa Rosalia.

Stessa tradizione si conserva ancora oggi a Cefalù durante i festeggiamenti in onore del patrono, il S.S. Salvatore. Purtroppo, con il trascorrere degli anni, sia la confraternita che la festa annuale dedicata a S. Rosalia sono venute meno, e oggi solo in pochi ne conservano il ricordo. Tra gli anni ’50 e ’60 la cappella diventa anche un “Altare delle spose”, che usavano deporre al suo interno il proprio bouquet di nozze. Ancora oggi la cappella viene custodita con amorevole cura dagli eredi Gurgiolo, soprattutto dalla Sig.ra Rosa Maria Gattuccio, nipote di Salvatore Gurgiolo Junior.

Roberto Incardona

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