Grotta di Brighia

Nel 1931 Arped Kirner, elemento di punta dell’allora Gruppo Speleologico della Sezione del CAI di Palermo, diretto dal geologo Ramiro Fagiani, guidò una esplorazione nella grotta che si arrestò ai pochi ambienti del ramo inferiore. Nell’autunno del 1951 il compianto Mimmo Crollo riuscì ad individuare la grotta; da una sua relazione rimasta inedita si evince che l’esplorazione fu parziale. Del ramo superiore si parlò una prima volta in un articolo apparso sul Giornale di Sicilia all’inizio dell’ estate del 1952. Pur rendendoci conto dell’ iperbole del racconto tuttavia credemmo in un promettente sviluppo della cavità e ci fidammo anche dell’ ubicazione espressa soltanto con le coordinate geografiche internazionali (Greenwich). La prima esplorazione, o per meglio dire la ricerca dell’ ingresso della grotta, fu vana ed il girovagare per parecchie ore ci permise di scoprire una piccola grotta, nota solo ai pastori, che chiamammo per una sua caratteristica Grotta delle Tre colonne.

Organizzammo subito dopo una seconda ricerca. Per disporre di maggior tempo partimmo un sabato pomeriggio. La marcia di avvicinamento, dalla stazione ferroviaria di San Nicola l’Arena, alla grotta durò un paio d’ore. L’ingresso della grotta fu localizzato al tramonto. Si consumò la cena tra un nugolo di moscerini e di zanzare che ci martoriarono tutta la notte trascorsa all’aperto tra i roccioni. Le difficoltà di rintracciare l’ingresso stanno nelle sue dimensioni e nella sua posizione. Esso si apre ai piedi dello spigolo di Sud Est del Pizzo Selva a Mare, ha imboccatura semiellittica di m 1,30 di base per circa m 0,80 di altezza. II problema è accresciuto dalla presenza di una sorta di “terrazza” appena sottostante l’imboccatura che a breve distanza ne preclude la vista .

L’esplorazione

La grotta dei brighi (birilli) è una delle cavità di maggiore sviluppo ma è anche una delle grotte più massacrate, come al solito, per la ricerca di un tesoro.

La descrizione della grotta si può seguire meglio consultando Io schizza allegato che fu realizzato a memoria” qualche giorno dopo l’esplorazione.

La grotta si apre in località S. Michele, sulle estremo pendio Sud Orientali del Pizzo Selva a Mare, al termine della linea ideale che, partendo dall’estremità settentrionale dell’abitato di S. Nicola l’arena, prosegue per la scarpata sassosa posta a ridosso del monte .Dall’ingresso (m 1,80×0,80), rivolto a Nord Est, attraverso un breve ed angusto cunicolo m 10 obliquante a sinistra, si perviene alla prima sala della cavità che ha pianta ellittica (m 15×8) con l’asse maggior rivolta verso l’esterno. Notevole, in questa sala, una snella colonna alla circa m 4 e del diametro di 35 centimetri circa che presenta in superficie delle profonde scanalature. A destra della colonna, a qualche metro dal suolo, si apre in parte uno strano cunicolo (m 30) con fondo terroso. Più avanti, nella parte frontale della sala, a circa 4 metri dal suolo, che in quel punto presenta la più grande stalagmite di tutto l’ambiente, si apre un terzo cunicolo (m 14), di non facile accesso che immette in un ambiente costituito in gran parte da frane. Un’ultima via si apre tra le ultime due descritte, e cioè in fondo a sinistra della sala. Essa conduce agevolmente, con sviluppo di m 7 circa, nel successivo ambiente, che è il più ampio di tutta la cavità (m 20×17) e presenta dei pozzetti di scarso interesse. Misurano questi infatti qualche metro di profondità e si sviluppano fra la parete e le frane del pavimento. A destra, rispetto all’ingresso, a pochi metri dal suolo, si apre un passaggio, creato mediante rottura di concrezioni, che immette più comodamente nello stesso ambiente costituito in gran parte di frane di cui si è detto precedentemente. Nel punto diametralmente opposto rispetto l’ingresso della sala, cioè quasi in fondo, a destra, si apre un ultimo passaggio che come il precedente è stato creato mediante rottura di concrezioni. Superatolo si perviene in un vasto ambiente (m 20×6) anch’esso costituito per buona parte da frane. L’ambiente è diviso in due minori (m 5×6 e m 5×6) da una parete di colonne stalattitiche. A ridosso della parte sinistra del secondo ambiente si apre un pozzetto di pochi metri di profondità. Quattro metri in alto, a sinistra, rispetto al passaggio di ingresso, si apre in parete una cavità di modeste dimensioni, dalla quale ha inizio, a destra, con sviluppo quasi parallelo ai due ultimi ambienti descritti (m 5×6 e m 15×6) una galleria. A sinistra si ha un piccolo ambiente variamente concrezionato. Per raggiungere la cavità è necessaria una fune (m 10) , la quale va lanciata su una stalagmite posta all’imbocco della cavità stessa. Ciò fatto ci si tira su a braccia o, volendo, ci si fa carrucolare da un compagno. Si prosegue quindi a destra, attraverso un lungo cunicolo quasi rettilineo, e successivamente per tratti in cunicolo e tratti in fessura raramente percorribili in posizione eretta. Dopo una sessantina di metri si perviene ad una fessura sprofondante sulla destra in un pozzo oltre la quale si continua ancora per 30 metri circa come per il tratto precedente. Il pozzo è profondo una decina di metri. A base ë costituita da un piccolo ambiente ricco di concrezioni in gran parte spezzate. Nella parte mediana della saletta, in basso, a sinistra, si sviluppa un budello che va man mano restringendosi, tanto che dopo 6 metri circa non ë più percorribile. Oltre gli ambienti dei cunicoli descritti, la grotta presente delle anfrattuosità e qualche altro cunicolo che tralasciamo di descrivere perché di secondaria importanza. Non è improbabile che la cavità si arresti allo sviluppo descritto. Eventuali possibilità di proseguimento sono legate, come quasi sempre, ad un lungo e pericoloso lavoro di rimozione di frane, Detto lavoro, per la cavità in oggetto, dovrebbe farsi sistematicamente là dove vi sono frane e non in punti determinati, poiché nulla s’intravede di concreto.

Particolare di ansa nella grotta

Archeologia

L’esplorazione molto accurata del piano di calpestio della prima sala ci ha permesso di raccogliere alcuni reperti, che documentano la frequentazione della grotta in età preistorica per uso funerario. Si tratta infatti di alcune ossa umane (falangi, frammenti di ossa lunghe ed alcuni denti) e di quindici frammenti di terracotta ad impasto raccolti sul terriccio fra il pietrame, calpestati da orde di vandali. Di questi ultimi soltanto due sono classificabili: Un frammento a forma di ciotola con piccolo labbro estroflesso superficie levigata, bruna. Trova confronti nella ceramica del Milazzese (Bronzo medio, 1450-1250 a.C.). L’altro un frammento dal ventre di una forma chiusa, un’anfora?, con ansa verticale; non troviamo confronti precisi ma soltanto qualche spunto con anse del Milazzese-Thapsos. II dr. Ignazio Valenti, funzionario archeologo della Soprintendenza di Trapani, ci ha riferito di aver visto nella grotta alcuni frammenti con decorazione dipinta, dello stile di Serraferlicchio (2800-2500 a.C.).

LA GROTTA DI BRIGGHIA NELLA LEGGENDA

(Pippo Buttafuoco)

“Brigghia” è termine dialettale che significa birilli (u’ brigghiu, il birillo; i brigghia, i biril- li), “Grotta di brigghia” suona dunque Grotta dei birilli. Tale singolare denominazione è dovuta alla presenza di stalattiti dalla caratteristica forma di birillo nei vari ambienti della grotta; stalattiti attualmente pressocchè scomparse, ma per il passato, prima che i soliti esteti o estetizzanti da strapazzo le asportassero, abbastanza numerose.

Ma ecco la leggenda, evidentemente ispirata alla caratteristica forma delle concrezioni stalattitiche della cavità. La grotta è abitata da “Spiriti” benefici e vagamente burloniche, quando ne venga Ioro la fantasia, possono invitare il visitatore più o meno occasionale della cavità, ad effettuare un tiro a dei birilli sorti per incanto e posti alla dovuta distanza. Il prescelto, magicamente munito di boccetta, effettuata – immaginiamo facilmente con quanta trepidazione!- il tiro. Se riesce vincente, gli sarà fatto dono di un “tesoro”; diversa- mente, se ne tornerà indietro a bocca asciutta (se non sarà addirittura generosamente spolverato).

Questa la leggenda. Non v’è cavità a riguardo della quale non si favoleggi di tesori cela- ti nei suoi più profondi recessi. La presenza di stalattiti scanalate orizzontalmente e con rigonfiamento terminale ha, ovviamente, fatto assumere qui, alla favola comune in tutte le grotte, questa particolare, originale fisionomia.

Estratto dall’articolo “LE GROTTE DI ALTAVILLA MILICIA (Palermo)” di Giovanni Mannino